Laici e mistero trinitario
La vocazione alla santità esige il ripensamento e il
superamento della contrapposizione sacro vs profano.
Santo (da sancire)
indica un patto, un’unione, diversamente da sacro (da sacer, cfr. secerno,
secretum) che rimanda ad una separazione.
«La dignità dei fedeli laici ci si rivela in pienezza
se consideriamo la prima e fondamentale vocazione che il Padre in Gesù
Cristo per mezzo dello Spirito rivolge a ciascuno di loro:
la vocazione alla
santità, ossia alla perfezione della carità» (Christifideles Laici, 16).
«L’unità della vita dei fedeli laici è di grandissima
importanza: essi, infatti, debbono santificarsi nell’ordinaria vita professionale
e sociale.
Perché possano rispondere alla loro vocazione, dunque, i fedeli
laici debbono guardare alle attività della vita quotidiana come occasione di
compimento della sua volontà, e anche di servizio agli altri uomini, portandoli
alla comunione con Dio in Cristo» (Apostolicam Actuositatem, 4).
La missionarietà dei laici si caratterizza come
impegno essenzialmente religioso e fa proprio il fine apostolico della Chiesa,
ossia «l’evangelizzazione, la santificazione degli uomini, la formazione
cristiana della loro coscienza in modo che riescano a permeare di spirito
evangelico le varie comunità e i vari ambienti” (Apostolicam Actuositatem,
20).
Ai laici spetta in modo peculiare la responsabilità
della creazione. Il termine ”mondo” esprime tuttavia l’ambiguità in cui è
caduta la creazione dopo il peccato.
Secondo la visione trinitaria della
Chiesa, i laici, sotto il segno del Padre, hanno il compito di ordinare le
realtà temporali;
sotto il segno del Figlio di riscattarle dal dominio del
peccato e renderle a Dio gradite, sotto il segno dello Spirito di santificarle
e animarle dal di dentro.
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