Santità e Chiesa
Per
quest'azione universale dello Spirito, che libera l'uomo dai suoi peccati (At
2,38-39; Gv 20,22-23) e lo inserisce nella comunità dei santificati dal
"sangue dell'alleanza" (Eb 10,29), il termine "santi", da
eccezionale che era nell'Antico Testamento e riservato egli eletti dei tempi
escatologici, è nel Nuovo applicato a tutti i cristiani.
Dapprima i membri del
piccolo gruppo della Pentecoste (At 9,13; 1Co16,1; Ef 3,5), poi la comunità
primitiva di Gerusalemme, i fratelli della Giudea (At 9,31-41) e infine tutti i
fedeli (Rm 16,2; 2Co 1,1; 13,12).
Lo Spirito li rende partecipi della santità
divina, vera nazione santa e sacerdozio regale.
Ricolmandoli della presenza del
Dio tre volte santo, li rende "tempio santo del Signore" (Ef 2,21),
"edificio spirituale" (1Pt 2,5), "tempio del Dio vivente"
(2Co 6,16; 1Co 3, 16-17), "tempio dello Spirito" (1Co 6,19).
Guidati
da lui i cristiani, frutto della sua azione santificatrice (Gal 5,22), rendono
a Dio il vero culto, offrendosi a lui in Cristo, come sacrificio santo (Rm
12,12; 15,16; Fil 2,17).
La loro santità, che deriva dall'elezione (Rm 1,7; 1Co
1,2), esige di rompere con il peccato e i costumi pagani (1Ts 4,3), operando
secondo la santità che viene da Dio e non secondo la saggezza della carne (1Co
6,9; 2Co 1,12; Ef 4,30-5,1; Tt 3,4-7; Rm 6,19).
Il cristiano, afferrato da
Cristo, deve comunicare a tutte le sue sofferenze e alla sua morte, per
giungere alla risurrezione (Fil 3,10-14).
Finora la
santità lotta col peccato e i santi devono santificarsi per essere pronti al
ritorno del Signore (1Ts 3,13; Ap 22,11), glorificato in mezzo ai suoi santi
(2Ts1,10; 2,14).
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